Reati contro l'ordine pubblico
Corte di Cassazione: il fascismo é ancora un pericolo, resta vietato il "saluto romano"
La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che il saluto romano e l'intimazione del coro "presente" effettuato durante una manifestazione pubblica integrano condotte idonee a determinare il pericolo di riorganizzazione del partito fascista.
Con la sentenza n. 37577, pubblicata il 12 settembre, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di due simpatizzanti di Casapound per avere - durante un incontro pubblico tenutosi a Bolzano il 10 febbraio 2009 in memoria delle vittime delle Foibe - compiuto manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, consistenti nell’urlare in coro “presente” e nel fare il “saluto romano”.
Gli ermellini hanno così confermato che tali condotte integrano gli estremi del reato di cui all’art. 5 della legge Scelba (legge n. 645 del 20 giugno 1952), ai sensi della quale “chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire 400.000 a 1.000.000”.
Lo scopo della legge Scelba è quello di mirare a rendere effettiva la XII Disposizione transitoria della Costituzione che prevede - quale corollario dell’approdo al sistema democratico di rappresentanza politica– il divieto di ricostituzione del partito fascista.
I giudici di Palazzo Cavour con la pronuncia in commento hanno inteso ribadire forte e chiaro l’attualità del proposito incarnato dalla risalente legge Scelba, affermando che nulla autorizza a ritenere, come sostenuto dai due condannati, che il decorso di ormai molti anni dall’entrata in vigore della Costituzione renda anacronistico il rischio di ricostituzione di organismi politico-ideologici aventi comune patrimonio ideale con il disciolto partito fascista, in quanto gli stessi, ora come allora, rappresenterebbero una minaccia per il mantenimento dell’ordine democratico.
Secondo gli ermellini l’attualità di tale rischio sarebbe, tra l'altro, manifesta anche alla luce dei recenti “rigurgiti” antidemocratici di cui siamo stati tutti spettatori e il cui timore, data la loro “frequenza” anche nel resto d’Europa, è presente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione del 2000 scritta a tutela dei “valori fondanti” della Ue.
La Corte ha, quindi, definitivamente respinto le difese degli imputati che sostenevano l’assenza di lesività dei comportamenti da loro tenuti e la necessità di ‘depenalizzare’ i retaggi del reato di opinione per via del “mutato clima politico” e delle norme internazionali sulla libera manifestazione delle opinioni, posto che la richiamata libertà di manifestazione del pensiero, deve sempre essere bilanciata e, nel caso limitata, dalla primaria esigenza di tutela dell’ordine democratico.
Eleonora Finizio
(16 settembre 2014)
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