Giustizia
Per la Cassazione il magistrato può essere offeso, ma non calunniato
Il diritto di critica nell'esercizio del diritto di difesa. La causa di non punibilità di cui all'art. 598 codice penale.
Quanti sperano che il proprio avvocato nell’esecuzione dell’incarico si impegni in modo da trattarlo come se fosse il “casus belli” che cambierà le sorti del mondo. Quanti ancora auspicano che il proprio legale nel gestire la causa in Tribunale abbia il medesimo fervore, ardore, zelo e solerzia che solitamente anima e fa trascorrere notti insonni al cliente.
A volte accade, come nella vicenda in esame, che un avvocato, insoddisfatto dell’esito del processo, sia stato addirittura condannato, sia in primo che in secondo grado, per diffamazione, avendo accusato il magistrato - in plurimi scritti indirizzati al Consiglio Superiore della Magistratura, all’Associazione Nazionale Magistrati e al Tribunale - di aver abusato delle sue funzioni, svolte peraltro con negligenza, al fine di danneggiare l'imputato. L'avvocato descrive il magistrato come un soggetto incapace e in mala fede, in quanto dedito a favorire interessi privati piuttosto che pubblici.
Più precisamente l'avvocato aveva fatto riferimento ad una querela presentata dalla moglie, assistita del medesimo, in relazione ad abusi edilizi consistenti nella realizzazione di opere su un lotto destinato a verde attrezzato e quindi non edificabile, contiguo a quello di proprietà della querelante. Il silenzio serbato dal PM a fronte delle numerose denunce presentate avrebbe indispettito l'avvocato che avrebbe evidenziato un intento persecutorio del giudice unito anche ad una condotta faziosa, irresponsabile ed incapace.
Per l'avvocato si sarebbe trattato soltanto di legittime manifestazioni di pensiero consistenti in alcune critiche all'operato del giudice sollevate a fronte dei gravi danni subiti dalla sua assistita.
La Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, con sentenza n. 47505 depositata in data 18 ottobre 2018 non ha accolto la tesi difensiva dell’avvocato in quanto ha ritenuto le affermazioni gravemente offensive della reputazione della persona offesa, in quanto estranee ad ogni limite di continenza.
Più precisamente, sia per gli avvocati che per le parti del giudizio, è prevista dal codice penale all'art. 598 una causa di non punibilità per le offese inerenti ai fatti di causa contenute in scritti e discorsi pronunciati davanti all’Autorità, purché il diritto di critica venga esercitato pur sempre mediante l'uso di termini riconducibili ad espressioni ordinarie e non di per se diffamatorie.
La Cassazione conclude che la giustificazione prevista dal codice penale non si applica alle espressioni calunniatrici, limitandosi a dichiarare la non punibilità esclusivamente per le offese al magistrato poste in correlazione con l'esercizio del diritto di difesa.
Enrico Michetti
La Direzione
(24 ottobre 2018)
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