TAR PALERMO
Abusi edilizi ed acquisizione al patrimonio del Comune
La mancata perfetta individuazione del terreno rende illegittima l'acquisizione.
Un Comune siciliano, dopo aver perseguito l’esecuzione di lavori edilizi su fondo privato effettuati senza titolo, ed accertato che all’ordine di demolizione non era stata spontanea esecuzione, con provvedimento del 2002 notificava il provvedimento dirigenziale con cui era stata disposta l’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio dell’Ente.
Avverso il provvedimento è stato quindi proposto gravame dal proprietario, con il quale si deduceva, tra l’altro, che l’atto non individuava in modo preciso il terreno acquisito.
Il TAR di Palermo, Sez. I, con sentenza n. 1944 del 13 settembre 2018, accoglieva il ricorso, osservando che il provvedimento impugnato, nel disporre l’acquisizione gratuita, indicava, in modo del tutto approssimativo, un’area pari fino a dieci volte la superficie complessiva utile abusivamente costruita su una determinata particella, estesa per circa mq. 1510, a fronte di un contestato abuso di circa 45 mq.
La mancata precisa individuazione dell’acquisenda area, essendo indicata solo la particella ma non anche la porzione di questa, inficiava secondo i giudici il provvedimento impugnato.
Ed invero, se è vero, secondo il Collegio, che i riferimenti catastali precisi possono anche non essere presenti nel provvedimento che intima la demolizione del bene, per quanto attiene al momento con si dispone l’acquisizione dello stesso e della relativa aera di sedime, in una misura che comunque non può essere superiore a 10 volte quella dell’abuso, occorre che l’ordinanza specifichi nel dettaglio la porzione del maggiore terreno che con il provvedimento si intende acquisire.
Il Tar siciliano ha rilevato, infatti, che costituisce principio pacifico quello in forza del quale l’individuazione dell’area da acquisire al patrimonio pubblico non deve essere necessariamente indicata nell’ordinanza di demolizione, ben potendo essere contenuta nel successivo provvedimento con il quale l’Amministrazione procede all’acquisizione del bene, fermo restando che, almeno l’atto di acquisizione, deve contenere tale esatta indicazione dei beni abusivi da acquisire alla mano pubblica nonché l’indicazione anche catastale dell’area di sedime e delle ulteriori aree acquisite dall’Amministrazione. Ciò discende dal fatto che l’ordinanza di acquisizione costituisce titolo per la immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari e non può pertanto prescindere dalla esatta individuazione delle particelle catastali coinvolte.
La concreta individuazione delle aree da acquisire al patrimonio del Comune e la loro esatta perimetrazione costituiscono, dunque, elementi necessari del provvedimento acquisitivo, in mancanza dei quali non può in alcun modo costituirsi il titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari
Peraltro, atteso che l’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita, il fondo da acquisire deve essere individuato con precisione: nell’applicazione della sanzione l’Autorità competente deve rispettare il principio di proporzionalità mediante l’irrogazione di una sanzione che, entro il limite massimo legale stabilito, sacrifichi la posizione soggettiva del privato in modo adeguato, necessario e strettamente proporzionale all’obiettivo di interesse pubblico perseguito: nel caso in esame, attesa l’estensione della superficie abusiva, pari a circa 45 mq., ed il rapporto con l’estensione della particella di circa mq 1.510, l’Amministrazione non ha illustrato le ragioni per cui ha ritenuto di procedere alla acquisizione secondo il parametro massimo (di dieci volte l’estensione della superficie abusiva).
Rodolfo Murra
(24 settembre 2018)
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