Tribunale Federale Nazionale
Il tentativo di alterare una gara configura illecito sportivo?
A differenza del diritto penale il verificarsi dell'evento costituisce solo una circostanza aggravante.
Può bastare il tentativo di alterare una gara, senza la realizzazione dell’evento, a configurare il reato di illecito sportivo da parte del tesserato e la responsabilità oggettiva della società di riferimento?
E’ il caso che si è trovato a dibattere il Tribunale Federale Nazionale, in seguito al deferimento da parte del Procuratore Federale di un noto attaccante di serie A e della sua società di appartenenza.
Il primo era chiamato a rispondere della violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del CGS, per avere, prima della partita decisiva per la promozione in serie A dello scorso 18 maggio 2018, posto in essere (tramite messaggistica Whatsapp) atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il risultato finale della gara stessa. Tutto ciò tentando di ottenere da due calciatori avversari un “minor impegno agonistico”.
La società deferita, invece, doveva rispondere di responsabilità oggettiva ai sensi degli artt. 7, comma 2, e 4, comma 2, del CGS.
Sulla base di questi capi di accusa, la Procura chiedeva una squalifica di 4 anni e un’ammenda di Euro 50.000 per il calciatore e per la società una penalizzazione di punti 2 da computarsi sulla classifica del campionato 2017/18 (Serie B) o, in subordine, una penalizzazione di punti 6 da scontarsi nel campionato 2018/19 (Serie A).
La difesa dell’attaccante puntava a “derubricare” i messaggi inviati a degli “atti meramente scherzosi”. Tono ironico, a detta della difesa, sottolineato, in particolare, dal quarto e ultimo sms. La denuncia dell’accaduto da parte dei calciatori destinatari dei messaggi e della relativa società alla Procura Federale, sempre a detta della difesa, avrebbe trovato inoltre giustificazione in “un eccessivo zelo” dettato dal “particolare contesto ambientale del momento”.
Ciò premesso, la difesa contestava la violazione dell’art. 7 CGS (illecito sportivo), concedendo al massimo, in via subordinata, unicamente la violazione dell’art. 1 CGS (principi probità e correttezza).
Il Tribunale Federale Nazionale con Comunicato Ufficiale n. 9 (del luglio 2018) respingeva nel merito le richieste della difesa, sostenendo che al fine della configurazione del reato di illecito sportivo, a differenza del diritto penale, non occorre la realizzazione dell’evento e neanche il superamento del ragionevole dubbio.
Invero, il Tribunale Federale precisava che l’intento del Legislatore, con l’art. 7 CGS, era quello di introdurre una figura di illecito a “consumazione anticipata”, che si realizza cioè anche con il solo tentativo.
Il TFN riconosceva, tuttavia, per il calciatore l’attenuante della mancanza di precedenti specifici, mentre per la società, pur dovendo rispondere di responsabilità oggettiva per il comportamento del proprio tesserato, considerava “estremamente afflittiva” una penalizzazione nel campionato 2017/18 (con conseguente mancata promozione in serie A).
Per questi motivi, il Tribunale condannava l’attaccante alla squalifica di anni 2 e la società ad una penalizzazione di punti 5 da scontare nel campionato di serie A 2018/19.
Avverso la decisione in commento, società e calciatore hanno immediatamente preannunciato ricorso alla Corte Federale d’Appello. E questa, in effetti, ha tolto la penalità comminando solo un’ammenda alla società di calcio.
Matteo Raimondi
(30 settembre 2018)
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