licenziamento e reintegrazione
Art. 18 Statuto dei Lavoratori: i chiarimenti della Cassazione sulla Riforma Fornero
La Suprema Corte con sentenza n. 23669/2014 indica i nuovi regimi di tutela del lavoratore illegittimamente licenziato.
Abitualmente e ripetutamente i dipendenti della filiale durante l'orario di lavoro andavano su richiesta del direttore a fare la spesa per suo conto, acquistavano il pesce in un Comune vicino e timbravano l'entrata in servizio a nome sempre dello stesso direttore. Il direttore avrebbe anche consegnato le chiavi e password di accesso alla filiale ad un dipendente.
Queste le condotte contestate ad un direttore di Banca che veniva licenziato ai sensi dell'art. 18 comma 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/70), poi reintegrato dalla Corte di Appello di Venezia.
La mancanza della prova dell'abitualità della condotta, l'esposizione generica della contestazione priva di indicazioni temporali puntuali, l'insufficienza delle prove acquisite sono alla base della condanna disposta dalla Corte di Appello della Banca alla reintegrazione del direttore nel posto di lavoro, mentre per la determinazione del risarcimento del danno, veniva disposta la prosecuzione del giudizio.
La vicenda giunge ora all'esame della Suprema Corte di Cassazione la quale con sentenza n. 23669 del 6 novembre ha chiarito i regimi di tutela, introdotti dalla Riforma Fornero (legge n. 92/2012), per le ipotesi in cui il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo sia stato dichiarato illegittimo.
In primo luogo la Corte ha precisato che "il nuovo articolo 18 ha tenuto distinta (...) dal fatto materiale la sua qualificazione come giusta causa o giustificato motivo" con la conseguenza che ai fini della reintegrazione occorre verificare la sussistenza o insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento senza che possano essere operate valutazioni sulla proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità del comportamento addebitato.
Il quarto comma dell'art. 18 della Legge 300/70 accomuna le ipotesi di giusta causa e giustificato motivo escludendone gli estremi per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa in base alle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari applicabili.
Nelle altre ipotesi in cui venga accertato che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa il quinto comma dell'art. 18 prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e la condanna del datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria omnicomprensiva, determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione.
Il legislatore della riforma in sostanza - precisa la Cassazione - ha introdotto due distinti regimi di tutela per ipotesi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo dichiarato illegittimo.
Il PRIMO REGIME viene in considerazione nelle sole tassative ipotesi sopra indicate in cui giudice accerti che il fatto (che ha dato causa al licenziamento) non sussiste, ovvero nel caso in cui ritenga che il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa in base alle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari applicabili alla vicenda in esame. In tali ipotesi continua ad applicarsi la TUTELA REINTEGRATORIA e RISARCITORIA.
Il SECONDO REGIME, al quale è applicabile la sola TUTELA RISARCITORIA, è stato introdotto dal nuovo comma 5 dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che si applica nelle "altre ipotesi" in cui emerge in giudizio che non vi sono gli estremi integranti la giusta causa o il giustificato motivo soggettivo, con esclusione delle ipotesi di licenziamento adottato in violazione delle regole procedurali previste dall'art. 7 della legge n. 300/70.
Da ultimo la Cassazione individua un TERZO REGIME, per il quale vige la sola TUTELA RISARCITORIA, che viene in considerazione in caso di violazione delle regole procedurali previste dall'art. 7 della legge n. 300/70.
La vicenda del Direttore di Banca, precisa la Corte di Cassazione, rientra nel primo regime e, pertanto, è stato rigettato il ricorso della Banca che censurava la sentenza della Corte di Appello, ritenendo erroneamente che il giudice, una volta accertata l'insussitenza del fatto contestato, avrebbe dovuto rilevare quanto meno la sussistenza parziale del fatto che giustificava la condanna all'indennità risarcitoria omnicomorensiva tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità.
Fonte: Corte di Cassazione
Enrico Michetti
La Direzione
(29 novembre 2014)
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