Accesso agli atti
Il Consiglio di Stato lascia il giornalista senza scoop
Il diritto di cronaca si piega davanti all'interesse ad accedere agli atti.
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 04748/2014(depositata il 22.09.2014) è tornato ad approfondire la disciplina sul diritto di accesso agli atti amministrativi.
La sentenza é interessante in quanto chiarisce i limiti dell’accesso agli atti quando colui che propone l’istanza è un giornalista.
A parer del Supremo Consesso Amministrativo la questione è delicata e coinvolge “il rapporto tra il diritto di cronaca nell’esercizio dell’attività giornalistica e il diritto di accesso ai documenti detenuti dall’amministrazione”, se da un lato la libertà di informazione assume un valore particolare, dall’altro emerge un preciso orientamento giurisprudenziale in materia (Cons. di Stato, Sez. VI 5 marzo - 6 maggio 1996 n.570), circa la posizione qualificata e differenziata della stampa in relazione alla conoscenza degli atti detenuti dalla Pubblica Amministrazione.
Ma vediamo cosa è accaduto. L’allora Prefetto de L’Aquila presentava querela nei confronti di un giornalista pubblicista su fatti attinenti le attività istituzionali delle diverse Autorità coinvolte nella gestione dell’emergenza post – sisma in Abruzzo. Il giornalista allo scopo di reperire atti e documenti rivolgeva istanze di accesso alle varie autorità coinvolte (Prefettura de L’Aquila, Questura de L’Aquila, Dipartimento Protezione Civile e Ministero dell’Interno). L’istanza proposta alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (presso il Consiglio dei Ministri) veniva rigettata.
Il pubblicista impugnava il provvedimento di rigetto innanzi al Tar del Lazio che accoglieva parzialmente il ricorso, sancendo l’obbligo delle Amministrazioni di competenza a far conoscere solo determinati atti. In particolare, le relazioni, i rapporti, ed ogni atto equivalente sugli accessi nei cantieri dei lavori riguardanti le strutture abitative e scolastiche. Tali atti sono stati ritenuti accessibili in ragione della posizione legittimamente derivante al pubblicista dal giudizio penale attivato a suo carico al fine di consentire al medesimo di poter esercitare a pieno il diritto di difesa nel giudizio.
Per quanto concerne invece gli atti non ostensibili, il pubblicista continua la sua “battaglia” e propone appello al Consiglio di Stato, dove afferma di avere “il diritto di accesso in ragione della dovuta tutela all’esercizio del diritto di cronaca, quale estrinsecazione, a sua volta del principio di informazione di cui all’art. 21 Costituzione”.
Valutate le argomentazioni delle parti, i giudici di Palazzo Spada, hanno dichiarato infondato l’appello.
A mancare – secondo i giudici di secondo grado – era il presupposto per l’accesso agli atti, stabilito dal legislatore nella legge sul procedimento amministrativo (art. 22 L. n. 241/1990). Infatti, “si ha diritto di accedere quando in capo al richiedente ci sia un interesse personale e concreto, strumentale all’accesso, in quanto volto alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. Invero nel caso di specie, non può equipararsi la posizione di una testata giornalistica o di un operatore della stampa a quella di qualunque soggetto giuridico per quanto attiene al diritto di accesso ai documenti amministrativi”.
Secondo il Consiglio di Stato anche se non si può equiparare la posizione di una testata giornalistica o di un operatore della stampa a quella di un qualunque soggetto giuridico, nella vicenda in esame il giornalista pubblicista aveva avanzato un’istanza che sembrava volesse “dilatare l’ambito applicativo dell’art.22 L. n. 241/1990” in quanto finalizzata al diritto di cronaca e non strettamente legata all'esercizio del diritto di difesa.
Il numero dei documenti chiesti nonché la genericità della richiesta avanzata, lasciavano intravedere un intervento diretto ad esercitare un controllo generalizzato sull’attività della Pubblica Amministrazione. Per il Collegio ciò equivale a introdurre una inammissibile azione popolare sulla trasparenza dell’azione amministrativa.
Nella motivazione si legge che "non è dato in ogni caso conoscere in concreto la necessaria, stretta correlazione logica tra il contenuto di tali determinazioni di carattere organizzativo e il processo penale da cui si origina la vicenda all’esame."
In altri termini, conclude il Consiglio di Stato "le ragioni dell’accesso appaiono strumentali alla finalità di rendere informazioni al pubblico, nell’esercizio dell’attività di pubblicista e le stesse si sovrappongono a quelle inerenti strettamente l’esercizio del diritto di difesa: la richiesta di accesso va ad interessare indiscriminatamente atti di tipo organizzativo la cui conoscenza appare finalizzata all’esercizio del diritto di cronaca che qui però, come già sopra esposto, non può essere fatto valere."
Per approfondire e scaricare la sentenza cliccare www.gazzettaamministrativa.it
Gianmarco Sadutto
(23 settembre 2014)
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