La vicenda riguarda il ricorso proposto dal conduttore di un locale di proprietà di un Ente Locale, in ragione di una convenzione di concessione in uso, contro l’eccessiva onerosità della proposta contrattuale indirizzatagli a fronte della precedente determinazione del canone.

 

In particolare, il contratto in questione prevedeva espressamente la possibilità di rinnovo sulla scorta delle nuove condizioni che avrebbero dovuto essere preventivamente concordate. 

 

Tale "concessione in uso" è stata qualificata dal TAR quale contratto di locazione in ragione della natura giuridica del bene oggetto del suddetto negozio, rientrante nel patrimonio disponibile del Comune di qui la declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 27.4.2015 n. 2060 ha rigettato l'appello rilevando come l’impugnata proposta di rinnovo è un atto paritetico espressione di una facoltà negoziale dell’amministrazione che agisce jure privatorum.

In definitiva ogni qualvolta, come nella controversia in esame, la parte non si lamenta del cattivo esercizio di un potere autoritativo dell’amministrazione, ma del comportamento serbato dall’amministrazione, asseritamente lesivo del suo interesse valutabile in termini di affidamento al rinnovo del rapporto di locazione in essere, l’atto dell’amministrazione è manifestazione di una supremazia tipicamente privatistica.

L’impossibilità di qualificare la suddetta convenzione in termini di concessione impedisce di ritenere che sul punto possa invocarsi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Enrico Michetti

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