Corte di Cassazione
Cura Di Bella: la multiterapia non può essere posta a carico del Servizio Sanitario Nazionale
L'eventuale efficacia individuale di una terapia, per la quale non esistano obiettive evidenze scientifiche, non giustifica l'accollo alla collettività della relativa spesa.
Si era sottoposta al c.d. Multitrattamento Di Bella ed, in considerazione dei positivi risultati conseguiti, aveva agito in Tribunale per ottenere che la somministrazione del trattamento venisse posta a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
La domanda, accolta in primo grado, veniva però rigettata dalla Corte d'appello. La questione è giunta ora all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione in quanto la ricorrente si duole, tra l’altro, di non avere la Corte di merito ritenuto che l'acclarata efficacia, nei suoi confronti, della terapia valesse ad attrarre quest'ultima nell'ambito dei trattamenti alternativi che, ai sensi dell'art. 1, comma 4, d.l. n. 536/1996, debbono essere posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
La Corte di Cassazione con ordinanza del 5 novembre 2019 ha rigettato il ricorso essendosi consolidato il principio di diritto secondo cui, prevedendo la disposizione citata “l'erogabilità a carico del servizio sanitario nazionale di farmaci non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e di farmaci da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, sempre che non esista valida alternativa terapeutica, e avendo l'Istituto Superiore della Sanità, con comunicazioni in data 28.7.1998 e 13.11.1998, reso nota l'assenza di risposte favorevoli in ordine alla verifica dell'attività antitumorale del trattamento in parola, la sperimentazione effettuata e ormai conclusa deve ritenersi che abbia escluso che il c.d. multitrattamento Di Bella possa costituire una valida alternativa terapeutica, secondo la formula usata dall'art. 1, comma 4, cit., rispetto a quella tradizionale“.
Ad avviso della Corte argomentare diversamente equivarrebbe a sostenere che un trattamento medico-farmacologico debba essere posto a carico della collettività laddove sussista una qualsiasi "speranza terapeutica", in contrasto con il consolidato principio secondo cui, al fine del riconoscimento del diritto alla erogazione da parte del Servizio Sanitario Nazionale di cure tempestive non erogabili dal servizio pubblico, l'evidenza scientifica dei benefici apportati alla salute dalla terapia o cura richiesta costituisce requisito imprescindibile della domanda, l'adeguatezza della terapia rispetto al singolo caso potendo venire in rilievo solo per escludere che terapie corroborate scientificamente possano comunque essere concesse.
Da ultimo la Corte non ha mancato di ribadire che l'eventuale efficacia meramente individuale di una terapia per la quale non esistano obiettive evidenze scientifiche non può giustificare l'accollo alla collettività della relativa spesa.
Paolo Romani
Per approfondire vai al testo integrale dell’ordinanza
Fonte: Banca Dati G.A.R.I.
La Direzione
(8 novembre 2019)
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